Un progetto di OPERA POPOLARE
OPERA POPOLARE è un progetto di ricerca di teatro musicale in luoghi non convenzionali. L’ obiettivo è quello di creare, attraverso la musica e la parola, eventi collettivi che modificano gli spazi urbani, allargando le possibilità di incontro. In una società in cui la prima forma di comunicazione è affidata all’immagine e alla visione distaccata e frontale, scegliere di invadere la città con eventi comunitari, in cui musica e teatro sono il vettore del dialogo, significa inserirsi nell’ epoca della spettacolarizzazione e cercare nuove forme di dialettica sociale. E allora gli spazi della vita quotidiana (bar, centri commerciali, piazze, case, parchi, etc.) o i luoghi dimenticati di una città (capannoni dismessi, chiese sconsacrate, ville abbandonate etc.) dettano le regole di un gioco in cui il pubblico si trova naturalmente immerso o in cui l’ opera è in grado di riscrivere lo spazio e il tempo in una chiamata a un confronto collettivo.
FALSTAFF chiede un altro boccale di vino. Una bionda ghiacciata, un bicchiere di prosecco, un calice di bianco e poi un altro ancora, chiede un whisky dietro l’altro, una grappa e poi ancora un’altra. Ma non basta. Per Falstaff l’aperitivo non è una momentanea parentesi di svago, una pausa dal lavoro. È una festa costante, un presente compulsivo in cui i vizi fagocitano perennemente la ragione. Falstaff chiama il bar. E ll bar chiama Falstaff a creare un mondo diverso, che possa contrapporsi alla regola, al serio, al tempo e al dovere. Falstaff è l’eterno subalterno, il contraltare del potere costituito che tutto classifica divide e risparmia, è lo spreco che guarda i vari Enrico IV succedersi sul trono in nome della guerra, e da lì sotto esplode in una grassa risata. Graffiante e pericolosa più di ogni lotta armata. Capace forse di ribaltare le sorti di un sistema o, semplicemente, di crearne una spaccatura. Ma forse per Falstaff ridere non è una possibilità, è una scelta forzata. Il vecchio grassone è l’ultimo atto del godimento e dissacrare il mondo è la sua condanna. Il suo corpo gigante e il suo ruolo di buffone sono una gabbia in cui lui, sempre perdente, sempre vessato, mai e poi mai preso sul serio, compie il consumato destino dell’uomo deriso, dell’ultimo, del perdente dimenticato dalla Storia. Allora ecco che vediamo Falstaff dà una prospettiva in cui non c’è nulla di dirompente o rivoluzionario. Il buffone forse è solo un servo maltrattato, un pungiball umano. Ma neanche questo basta. Falstaff è anche un maldestro arrampicatore sociale, un ladro impunito. Un amico fedele e un traditore meschino. La forma di Falstaff continua a cambiare fra le mani dei suoi autori. Nessuno riesce a prenderlo mai del tutto e forse è questo il punto. Poiché Falstaff muta forma, si traveste e si dissolve per poi apparire da un’ altra parte, in un’altra opera, sempre gigante e sempre invisibile; sta come sfumando la sua morente risata, è ormai tradita la sua promessa rivoluzionaria.
F. è un progetto site specific per un attore, un cantante e un musicista. Lo spazio scenico è sempre e obbligatoriamente quello di un bar, di una taverna o di un luogo conviviale. Si tratta di una riscrittura libera del Falstaff di Verdi, dell’Enrico IV e delle Allegre comari di Windsor di Shakespeare. Oltre ai materiali Verdiani e Shakespeariani, il testo si apre a pagine di repertorio e scritture originali che creano voragini di senso verso la contemporaneità. Falstaff è interpretato da un cantante che, nel suo continuo apparire, scomparire e camuffarsi, è accompagnato da un attore-presentatore. L’attore incarna in sé il personaggio del giovane Hal, il futuro re, che è anche l’istrione che col pubblico si prende gioco di Falstaff e guida la vicenda, capace di entrare e uscire in altri personaggi e di diventare lui stesso narrazione, storia, potere costituito. La storia non esiste, perché Falstaff, almeno secondo un certo mondo di buon senso, non merita una storia tutta sua. Sono momenti, quelli di Falstaff, all’interno di altre vicende. Abbiamo perciò deciso di rispettare questa natura sfortunata e subalterna del personaggio e costruire una struttura in cui ogni scena è un'irruzione momentanea, uno schizzo che sconnesso emerge dalle occasioni del luogo e che subito dopo viene riavvolto nelle atmosfere della locanda. Lo spazio scenico è costituito principalmente da un tavolo di medie dimensioni, allestito come fosse un finto buffet, attorno a cui i due personaggi orbitano nel corso dello spettacolo . La pianta, a seconda della conformazione dello spazio del locale, può essere frontale, a ferro di cavallo (con i tavoli e le sedie a circondare tre lati del tavolo), o a pianta circolare (a circondare tutti i lati). Durante il corso dello spettacolo, a parte sporadici momenti di allontanamento, i personaggi resteranno perlopiù legati alla zona del tavolo-buffet.
In F. l’ attore, il cantante, il musicista (ottoni gravi) e il regista del suono costituiranno un vero e proprio ensemble. Ciascuno con i propri linguaggi (canto, sprechgesang, recitazione, musica strumentale, live electronics e diffusione di tracce trattate e non) dialogheranno in una partitura musicale unica e integrata. Lo spazio e il movimento - sia del suono sia dei performer - giocano un ruolo predominante nell’ esecuzione delle partiture oltre che nella loro stesura. Il testo verdiano è il punto di partenza di una ricerca che non ha come suo fine la traduzione letterale, bensì l’ elaborazione, lo sviluppo e la reinterpretazione. Con questo non si vuole dire che il testo originario sarà dimenticato o tradito, ma piuttosto risemantizzato, dove per risemantizzazione si intende la restituzione a nuove forme di una lettura attivamente approfondita dell’ opera di partenza. È previsto un impianto di amplificazione a sostegno delle voci naturali (non per la voce lirica) e per l’ elaborazione elettronica del materiale musicale.
Per info: operapopolare23@gmail.com